Quali rimborsi per le trasferte sono soggetti a imposte e quali esenti? E quali limiti fiscali devono rispettare i datori di lavoro?
Vediamo insieme il trattamento fiscale delle trasferte, con un’attenzione particolare alle normative italiane e alle linee guida dell’Agenzia delle Entrate.
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Cosa si intende per trasferta di lavoro?
Si intende “trasferta di lavoro” quando un dipendente svolge temporaneamente le sue mansioni in una sede diversa da quella abituale, per conto dell’azienda in cui lavora ovviamente.
La trasferta può svolgersi all’interno dello stesso comune, fuori comune, o all’estero, e comprende dei costi per l’azienda che, di fatto, sono le spese che il lavoratore affronta per svolgere il suo incarico.
Fiscalità e trasferte di lavoro
Il datore di lavoro copre i costi attraverso vari tipi di rimborsi, ed è sottoposto a un regime fiscale che cambia in base alla distanza dalla sede abituale e al tipo di rimborso adottato.
A questo proposito, la normativa italiana prevede un’esenzione fiscale parziale o totale entro determinati limiti giornalieri, a seconda della tipologia di rimborso scelta (forfettario, analitico o misto).
Quando le trasferte di lavoro sono esenti da tasse?
Secondo l’art. 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), le trasferte aziendali possono beneficiare di un’esenzione fiscale fino a determinati importi giornalieri.
Tipo di trasferta | Esenzione |
Trasferte all’interno del comune | La trasferta si svolge all’interno del comune in cui è situata la sede aziendale, quindi l’indennità percepita è generalmente tassabile, tranne per le spese di trasporto, se adeguatamente documentate. È importante fornire ricevute o biglietti che attestino i costi. |
Trasferte fuori dal comune | Per le trasferte nazionali e internazionali al di fuori del comune della sede aziendale, il rimborso spese gode di un’esenzione fino a 46,48 euro giornalieri per trasferte nazionali e 77,47 euro giornalieri per trasferte internazionali. Se il dipendente riceve un rimborso specifico per vitto e/o alloggio, i limiti giornalieri si riducono rispettivamente di un terzo (30,98 euro per le trasferte nazionali e 51,65 euro per quelle internazionali) |
Quando le trasferte di lavoro sono tassate?
Esistono diverse situazioni in cui le trasferte aziendali diventano tassabili.
Se il rimborso spese o l’indennità di trasferta superano le soglie di esenzione, l’eccedenza è considerata reddito da lavoro dipendente e quindi soggetta a tassazione.
In caso di trasferte frequenti nello stesso luogo, l’Agenzia delle Entrate può considerare la trasferta come fissa. Di conseguenza, l’intero importo rimborsato è tassato, poiché non è più considerato un rimborso per una trasferta “occasionale” ma piuttosto un’integrazione del reddito.
Tutte le spese che non vengono documentate correttamente non sono esenti. Per i rimborsi analitici, è essenziale che ogni spesa sia adeguatamente comprovata, mentre per i rimborsi forfettari la documentazione può essere ridotta, ma devono sempre rispettare i limiti di esenzione.
Perché gestire bene le trasferte di lavoro e i rimborsi
Come abbiamo appena visto, la documentazione delle spese di trasferta è un aspetto fondamentale per beneficiare delle esenzioni fiscali.
Per un HR manager, la gestione fiscale delle trasferte può essere complessa e richiedere un’attenzione continua ai dettagli, mentre per un dipendente in trasferta può essere fonte di stress e spesso di dimenticanze.
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