Negli ultimi anni, complice anche il periodo pandemico, sempre più aziende si sono affacciate a una nuova visione nell’organizzazione del lavoro basata sulla flessibilità. Concetti come l’orario di lavoro flessibile, lo smart working e il lavoro ibrido sono diventati la quotidianità, e non più solo a “livello teorico”.
Tutto questo ha degli indubbi vantaggi, tanto per i dipendenti quanto per l’impresa: la flessibilità operativa viene in effetti salutata come il futuro del mondo del lavoro. Dall’altra parte, però, è importante mettere in luce i possibili svantaggi che l’orario di lavoro flessibile può avere, soprattutto in un panorama forse non ancora del tutto preparato al cambiamento.
Orario di lavoro flessibile: che cos’è
Prima di analizzare i pro e i contro dell’orario di lavoro flessibile, cerchiamo di capire bene che cosa prevede questa nuova modalità di lavoro.
Bisogna infatti distinguere tra:
- Orario di lavoro flessibile: è la flessibilità vera e propria, quella che permette al lavoratore di organizzare l’orario di lavoro in modo indipendente (ad esempio iniziando il turno di lavoro prima o dopo, uscendo prima dall’ufficio, rinunciando alla pausa pranzo per comprimere gli orari di lavoro e uscire anticipatamente, etc…);
- Settimana di lavoro ridotta: è la modalità attraverso cui i lavoratori organizzano la distribuzione dei propri orari, estendendo l’intervallo di lavoro giornaliero (ad esempio, lavorando 10 ore al giorno invece di 8) per accorciare la settimana di lavoro, senza però ridurre le ore lavorate;
- Settimana corta: è una nuova modalità di lavoro balzata agli onori delle cronache dopo gli studi effettuati dall’Università di Cambridge, dall’Università di Oxford e dal Boston College. Adottata da alcune grandi aziende, permette di ridurre la settimana di lavoro da cinque a quattro giorni.
I pro del lavoro flessibile
Senza dubbio, la flessibilità oraria offre numerosi vantaggi al lavoratore e all’azienda.
Il lavoro flessibile si sposa infatti alla perfezione a un’impostazione del lavoro per obiettivi: secondo questo approccio, l’attività del lavoratore non viene valutata in base alle ore lavorate, ma alla qualità del suo lavoro e alla capacità di raggiungere gli obiettivi aziendali.
Si tratta di un cambio di paradigma che impatta tanto sul lavoratore quanto sull’impresa, secondo molti in modo positivo: un orario di lavoro flessibile consentirebbe infatti di focalizzarsi maggiormente sul risultato, migliorando di riflesso la produttività, l’efficienza aziendale e, secondo recenti studi, persino l’innovazione.
Non solo. Se i lavoratori hanno la possibilità di organizzare il lavoro in modo più libero, magari anche in base al periodo in cui sono più produttivi (al mattino o al pomeriggio), saranno più predisposti a lavorare bene. Senza contare che, grazie alla flessibilità oraria, i dipendenti evitano di assentarsi all’improvviso o di richiedere ferie per impegni che potrebbero essere gestiti semplicemente organizzando meglio la giornata lavorativa.
L’equilibrio tra lavoro e vita privata è inoltre fondamentale per ridurre il rischio di stress, burnout e altre situazioni spiacevoli che possono influire negativamente sull’operato dei dipendenti e dell’azienda stessa. persino i tassi di employee retention possono migliorare, perché difficilmente un lavoratore lascerà un posto di lavoro in cui si sente compreso, ascoltato e soddisfatto.
Alla fine, l’impresa può beneficiare di questo nuovo assetto del lavoro anche dal punto di vista dell’immagine. Un’azienda impegnata nel migliorare la soddisfazione e la serenità dei propri dipendenti è infatti sicuramente più attrattiva per i nuovi talenti.
I contro dell’orario di lavoro flessibile
Dall’altra parte, non tutte le aziende possono permettersi di adottare l’orario di lavoro flessibile.
Alcune realtà, come ad esempio quelle produttive, hanno difficoltà a sposare una gestione più libera e responsabile dell’orario di lavoro, non perché non vogliono, ma semplicemente perché non possono. I turni di lavoro in contesti produttivi dipendono dai tempi macchina e da altri aspetti che difficilmente vengono incontro alle esigenze di flessibilità personali.
Anche le aziende che potrebbero offrire questa possibilità ai propri dipendenti, poi, si dimostrano un po’ scettiche. Il motivo risiede nel timore di una mancanza di controllo sui propri dipendenti: anche perché, bisogna ricordarlo, non tutti i lavoratori sono responsabili in eguale misura.
Gli stessi dipendenti potrebbero infine subire i “contro” dell’orario di lavoro flessibile: ad esempio, potrebbero trovarsi a lavorare in orari non canonici, stravolgendo proprio quel work-life balance che la flessibilità oraria dovrebbe promettere.
Lavoro flessibile, cosa dicono i dati
Al di là delle semplificazioni e dei facili giudizi, è importante per un’azienda analizzare l’effettivo impatto del lavoro flessibile.
La verità è che la flessibilità sul lavoro può realizzarsi solo attraverso la fiducia verso i dipendenti e i collaboratori, oltre che con una pianificazione attenta e condivisa dei processi di lavoro e un sistema di monitoraggio delle performance delle risorse umane, come ad esempio un gestionale HR. Solo così si avrà la certezza di sfruttare tutte le potenzialità dell’orario flessibile, godendo di tutti i suoi vantaggi per l’impresa e per il lavoratore.
E la tua azienda? Che cosa ne pensa dell’orario di lavoro flessibile?